A soli 10 anni, Léandre è crollato durante un allenamento di calcio. Un ictus ha paralizzato tutto il lato destro del suo corpo.

Il suo sogno di diventare un calciatore professionista è svanito, ma il giovane ragazzo si è ricostruito. Ora, a 14 anni, dà il meglio di sé in piscina, ottenendo prestazioni eccezionali. Léandre si allena da una a due ore al giorno, spinto da un unico obiettivo: i Giochi Paralimpici di Los Angeles del 2028.

Con un anno di anticipo a scuola, sta già pianificando il suo futuro e sa che diventerà neurologo. Potremmo dire “quando sarà grande”, ma il sorprendente Léandre è già molto più saggio dei suoi coetanei.

Un cortometraggio documentario diretto da Matthieu Perret

Con Léandre Boyer
Fotografia: Robin Pogorzelski
Fotografia, montaggio, color grading: Matthieu Perret
Suono: Mix & Mouse
Produzione: ROMA / Spotsyde
Grazie a Louise, Marlène, Jérôme, Baptiste, Trafalgar Maisons de portraits, Saint-Étienne Aquatic Métropole, Éveil de Lyon, Un truc de malade
Traduzione: Martina Marangoni, Alba Gabriella Bruna Castronuovo

Intervista

Matthieu Perret | 99.media

Matthieu Perret Regista

“Léandre vede la sua situazione come una ricchezza di opportunità piuttosto che come una limitazione di ciò che può ottenere.”
  • Come molti registi di brevi documentari, sei un factotum, Matthieu.


È vero! Sono particolarmente affascinato dalle immagini: la luce, l’inquadratura, il color grading… Anche il montaggio, perché è in quella fase che prende forma gran parte dell’essenza di un film. È proprio il momento in cui la storia si compone, e lo trovo incredibilmente affascinante.

Detto questo, non sono esperto in nessuno di questi campi!

Se dovessi descrivere la mia carriera, sarebbe come un albero, più che come una linea retta. Sono un tecnico, un artista FX, e sono il co-fondatore di Le Bocal, un hub creativo a Lione, nonché un collettivo di artisti.

Sono anche un fotografo e mi sono reso conto di essere naturalmente portato a costruire serie di foto che raccontano una storia. In un certo senso, organizzare una sequenza di immagini è già una forma di editing.

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  • Come hai conosciuto Léandre?


Attraverso la Maison Trafalgar (che ringrazio di cuore), con la quale ho collaborato diverse volte. Mi hanno fatto conoscere Pascal Hostachy (un altro grande ringraziamento!), che ha voluto che realizzassi un ritratto di Léandre per la piattaforma Spotsyde.

Poiché Léandre ha solo 14 anni, ho iniziato a parlare a lungo con suo padre, Jérôme. Abbiamo avuto diverse conversazioni, a volte anche prolungate. Si è aperto molto e mi ha dato delle indicazioni fondamentali: gli sono molto grato per la sua fiducia. La storia di questa famiglia mi ha commosso profondamente e lo stesso Léandre mi ha toccato profondamente.

Il progetto si è evoluto a poco a poco e ho deciso di co-produrre il film per portarlo avanti. Robin Pogorzelski (ancora grazie!) ha accettato di affiancarmi come direttore della fotografia per questa avventura.

Sono veramente orgoglioso di aver avuto l’opportunità di condividere una parte di questa storia. Ma soprattutto è una storia di sinergia, fiducia… e gratitudine!

“Oggi si parla molto di resilienza,
e Léandre ne è un esempio perfetto.”
  • Léandre condivide la sua storia davanti alla telecamera con grande sicurezza, coraggio e determinazione. Come lo descriveresti?


È davvero determinato! Oggi si parla molto di resilienza, e Léandre ne è un esempio perfetto. È anche molto maturo.

La cosa impressionante è che prima dell’incidente voleva diventare un calciatore professionista. Ora invece punta a scoprire quanto più possibile del mondo. Vede la propria situazione come una ricchezza di opportunità piuttosto che come una limitazione di ciò che può ottenere.

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Non sono partito dicendo “Farò un film sulla disabilità”. Questa storia mi ha commosso e volevo raccontarla. Volevo far emergere la personalità di Léandre, la sua unicità, la sua forza e tutto ciò che ha da insegnarci.

Inoltre, i para-atleti di alto livello non hanno uno status professionale, il che, in un certo senso, li fa sentire un po’ più “come tutti gli altri”.

  • Léandre parla dei suoi genitori, di sua sorella, del suo allenatore e del loro sostegno. Eppure nessuno di loro viene intervistato nel film. Perché hai scelto di concentrarsi solo sulla sua voce?


Ci ho pensato molto prima di prendere quella decisione! Questa decisione ha richiesto molte riflessioni! Innanzitutto, volevo creare un film molto “compatto”, che rimanesse incentrato sull’azione. Volevo che Léandre raccontasse la sua storia dalla sua prospettiva, con le sue parole.

D’altra parte, se avessi inserito una voce esterna, avrei dovuto inserirne altre due o tre: suo padre, sua sorella, il suo allenatore… Questo rischiava di rendere il film troppo denso, troppo lungo e di allontanarsi dall’obiettivo iniziale: dare la parola a Léandre.

Alla fine, questo film è solo una piccola finestra sulla vita di Léandre. È soggettivo, frammentato. Molte cose non sono state dette e molto materiale interessante è stato tagliato durante il montaggio. Ma bisognava fare delle scelte…

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  • Nel tuo film ci sono dei video di famiglia, come Léandre durante le sedute di riabilitazione. Perché era importante includere quei momenti?


Credo che creino un legame più profondo con Léandre. Se lo si incontra oggi, è difficile capire quanta strada ha fatto. Questi archivi di famiglia aiutano a raccontare quel viaggio, perché una singola immagine può dire molto di più di una semplice intervista.

Mi ricorda qualcosa che ho sentito dire da un montatore in un podcast: “Non raccontare; mostra”. È un principio di narrazione spesso attribuito ad Anton Chekhov, che una volta disse: “Non dirmi che la luna splende; mostrami il luccichio della luce sui vetri rotti”.

Non credo di aver ancora imparato quest’arte della narrazione, ma è un principio che tengo sempre presente durante il montaggio.

  • C’è un film di 99 che ami particolarmente e che consiglieresti?


È difficile scegliere, ci sono tante chicche! Ma È qui che vivo è bellissimo, e anche Tungrus mi piace molto, è divertente e metaforico.

  • Un’ultima parola sul fatto che il suo film è ora disponibile in più lingue grazie ai sottotitoli?


È fantastico! Sapere che queste storie possono viaggiare così lontano e raggiungere così tante persone è meraviglioso. Sono davvero onorato che Non mi piace perdere sia presente su 99 insieme a film di tale portata.

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